Lo studio di mercato di Nomisma presentato in occasione di Marca 2025 mette in evidenza il grande balzo in avanti registrato nell’ultimo decennio dal comparto biologico. Spiegano gli analisti: “Soltanto 12 anni fa la percentuale di popolazione propensa all’acquisto di almeno un prodotto bio era appena del 50%”. Oggi la propensione all’acquisto è decisamente superiore: nel corso del 2024 il 93% della popolazione italiana con età compresa tra 18 e 65 anni (corrispondente a 24 milioni di famiglie) ha acquistato almeno un prodotto alimentare a marchio bio.
L’indagine Nomisma mette inoltre in luce come i consumatori italiani abbiano scarsa consapevolezza riguardo alle garanzie offerte dai prodotti alimentari freschi o trasformati che riportano in etichetta il claim “Residuo Zero”. Risulta dallo studio che due consumatori su tre ritengono, erroneamente, che il metodo di produzione collegato a questi alimenti non preveda affatto l’utilizzo di chimica di sintesi. Una percezione – commentano gli analisti – particolarmente diffusa tra chi non consuma prodotti biologici e, più in generale, tra chi non conosce le differenze tra la certificazione biologica e il claim “Residuo Zero”.
La percezione errata, pare sia ascrivibile al fatto che il 50% dei consumatori risulta disinformato rispetto a tale ambito. “Nonostante la maggioranza degli italiani sia perfettamente consapevole delle maggiori garanzie offerte dal marchio biologico (54%), si rileva comunque – evidenzia lo studio – una quota del 23% di consumatori che considera le referenze senza residui del tutto simili ai prodotti biologici e un ulteriore 23% che ritiene addirittura superiori le garanzie offerte dal claim rispetto al sistema produttivo bio certificato”. Infine i consumatori attribuiscono ai prodotti biologici un valore più elevato rispetto a quelli etichettati come “Residuo Zero” sotto diversi punti di vista.
Vedendo a scaffale un prodotto bio, l’82% dei consumatori – rileva lo studio di mercato – pensa ad un prodotto sostenibile dal punto di vista ambientale (contro il 77% riferito a referenze senza residui), il 71% a processi produttivi che escludono l’uso di chimica di sintesi per combattere le principali avversità delle piante (contro un 66%).