Oltre ai classici vitigni a bacca nera come “Negroamaro”, “Primitivo” e “Nero di Troia”, e quelli a bacca bianca quali “Bombino bianco” e “Verdeca”, particolarmente diffusi in tutto il territorio pugliese, il Salento vanta numerose altre cultivar anche recentemente recuperate grazie a progetti regionali finanziati ad hoc.
“Greco”, “Susumaniello”, “Grillo”, “Impigno”, “Asprinio”, le “Malvasie” bianche e nere, sono alcuni esempi di biodiversità che diversi viticoltori sono tornati a coltivare, forti anche della loro rusticità e adattamento a condizioni di stress idrico e termico.
Le produzioni, anche se non sempre abbondanti, sono in grado di regale grandi soddisfazioni a seguito della vinificazione, soprattutto utilizzando le più moderne tecniche di trasformazione.
Importante soffermarsi su alcuni aspetti di tecnica colturale dei vigneti biologici, come la gestione del suolo che può avvenire mediante le lavorazioni, oppure tramite trinciatura delle infestanti.
Una delle scelte possono fare gli agricoltori è l’inerbimento. Con la possibilità sia di gestire la flora spontanea, per poi eliminarla completamente nel periodo primaverile per evitare competizione con la vite, sia, in alternativa, seminando essenze che verranno successivamente controllate mediante sfalci o trinciature. Con riferimento alla semina in vigneto di specie erbacee, soprattutto nelle aziende biologiche, assume elevata importanza la pratica del sovescio che sfrutta diverse leguminose per fornire al suolo azoto (accumulato dopo la fissazione a livello radicale) e sostanza organica, garantendo livelli più elevati di fertilità nei primi 15-20 cm di suolo. Il sovescio rientra infatti tra le tecniche di concimazione – senza dubbio la più utilizzata in regime biologico – che si affianca alla classica distribuzione di concimi organici certificati.
Non è marginale poi il tema dell’irrigazione che, oggi più di ieri, riveste una grande importanza per via della scarsità della risorsa idrica e del peggioramento della sua qualità. Ecco perchè (e come) molte aziende adottano tecniche di irrigazione deficitaria (RDI), che prevede la riduzione dei volumi irrigui limitando la distribuzione soltanto in determinate fasi fenologiche.
Nella vite, bisogna porre molta attenzione a quelle che precedono la maturazione delle bacche, affinché non si assista decrementi produttivi. Naturalmente le moderne tecniche di distribuzione dell’acqua prevedono micro-portate di erogazione, ed impianti che molto spesso sono sistemati in profondità nel suolo (subirrigazione), in modo da mantenere elevata l’efficienza di uso dell’acqua, e limitando drasticamente le perdite per evaporazione.
di Andrea Mazzeo, PhD, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”