Ci sono voluti tre anni di “gestazione”, ma alla fine, i decreti attuativi sono stati pubblicati e la legge regionale sull’agroecologia è diventata operativa. Il primo documento necessario all’attuazione della legge regionale n.21 del 29 luglio 2021 è stato il Decreto Assessoriale n. 92 del 12 novembre scorso che ha istituito l’elenco delle aziende agroecologiche e il Gruppo di lavoro “agroecologia e agricoltura biologica” (entrambi presso il Dipartimento regionale Agricoltura). Con lo stesso decreto è anche stato approvato l’elenco delle specie arboree, arbustive ed erbacee e delle razze zootecniche autoctone della Sicilia.
Lo scorso 20 gennaio, è poi arrivato l’ultimo tassello necessario a dare corpo e sostanza a una norma che, pur essendo stata approvata a luglio 2021 con una maggioranza bipartisan, ha poi trovato diversi ostacoli lungo il percorso burocratico che ne permettesse la concreta applicazione. Tra questi, il più importante, l’impugnativa di Roma che è sfociata poi in una sentenza della Corte Costituzionale. Sentenza che ha dichiarato illegittima una parte della norma cassando l’articolo 3 (commi 1 e 2) e l’articolo 6 (commi da 1 a 6). Due norme che prevedevano limitazioni e prescrizioni a tutela della salute umana. La prima riguardava il divieto di uso di biocidi diversi da quelli consentiti in agricoltura biologica lungo i bordi di tutte le strade pubbliche e lungo i percorsi ferroviari e in qualsiasi altro luogo pubblico non destinato ad attività agricola. La seconda l’obbligo di accompagnare le merci di I,II, III, IV e V gamma in entrata nel territorio regionale, con un certificato di analisi agrarie e multiresiduali che dimostrasse l’eventuale presenza dei residui di agrofarmaci entro i limiti consentiti.
Ma andiamo, invece, a quelle parti della legge che non sono state cassate a livello nazionale. Con le specifiche del decreto n.273 del 20 gennaio 2025 a firma del Dirigente generale Dario Cartabellotta può trovare finalmente attuazione la parte della norma che più interessa le imprese agricole. E cioè quella finalizzata a riconoscere una premialità nell’ambito dei bandi dei fondi europei alle aziende che decidono di transitare nell’agroecologia adottando tecniche, sistemi e modalità produttive in sintonia con la natura e applicando i principi fondamentali dell’ecologia. Modalità che comunque può fare tesoro dell’agricoltura di precisione che è definita anch’essa nella legge n.21/2021 e che nel decreto attuativo è sinteticamente definita con la frase: “fare la cosa giusta, al momento giusto, nel posto giusto”.
Ma cosa deve fare un imprenditore agricolo perché la propria azienda sia riconosciuta “agroecologica”? Sarebbe facile se ci limitassimo a dire che le pratiche adottate devono essere in linea con i 13 principi dell’agroecologia definiti dall’Europea Association for Agroecology. Capisaldi da cui non si può derogare. Il decreto di attuazione della legge 21/2021 chiarisce che la Regione adotta il provvedimento di riconoscimento di “azienda agroecologica” sulla base di una apposita relazione tecnica, nella forma di perizia asseverata, che deve essere aggiornata annualmente. Dalla relazione dovrà emergere che l’azienda in questione ha utilizzato esclusivamente sostanze previste dal Regolamento di Esecuzione 2018/848, quello per intenderci che regolamenta l’agricoltura biologica, anche se l’azienda in questione non deve essere necessariamente certificata come biologica. Inoltre, dalla relazione deve emergere che l’azienda deve possedere altri “requisiti minimi” e cioè:
- avere destinano almeno il 10% della superficie aziendale alla coltivazione di specie arboree autoctone, da attestare nel fascicolo aziendale, indifferentemente con impianto o reinnesto di specie forestali o frutticole o a duplice attitudine;
- in presenza di un ordinamento delle colture erbacee od ortive, avere destinato almeno il 20 per cento della propria superficie aziendale alla coltivazione di varietà autoctone. Tale percentuale è ridotta al 10% per i primi cinque anni decorrenti dal riconoscimento di azienda agroecologica;
- avere destinano almeno il 5% della superficie aziendale ad una o più colture di interesse apistico o ad impollinazione entomofila o a flora spontanea;
- avere reimpiantato almeno il 20% della superficie aziendale con specie arboree o arbustive autoctone nel caso di colture poliennali alla fine del ciclo produttivo;
- se presenti allevamenti zootecnici di animali di bassa corte, in questi almeno il 10% dei capi deve essere costituito da razze autoctone;
- se presenti allevamenti zootecnici di animali diversi da quelli di bassa corte, in essi almeno il 10% dei capi deve essere costituito da razze autoctone;
- nelle aziende con allevamenti apistici almeno il 20% delle famiglie delle api deve avere regine appartenenti alla sottospecie Apis mellifera siciliana.
E fin qui i requisiti minimi. Per potere ottenere premialità aggiuntive sempre nell’ambito dei bandi del complemento di programmazione che verranno emessi in futuro, la perizia asseverata del tecnico dovrà descrivere quali altre pratiche “agroecologiche” ha adottato l’azienda in diversi ambiti che per brevità si possono sintetizzare in:
- pratiche agricole (es: conduzione in biologico, diversificazione colturale, integrazione tra agricoltura e zootecnia, presenza zootecnia estensiva, raccolta differenziata dei rifiuti; zero o minimum tillage; sistemazioni idraulico per limitare l’erosione, consociazioni e rotazioni colturali, creazione di piccole oasi a tutela della biodiversità di flora e fauna)
- produzione aziendale di energie rinnovabili;
- risparmio di risorse idriche;
- adozione di sistemi per il recupero e riuso delle acque reflue e piovane;
- adozione di sistemi di smaltimento e trattamento dei reflui non inquinanti come la fitodepurazione;
- utilizzo di filiere corte, gruppi di acquisto solidale, contratti di vendita diretti agricoltore-consumatori, contratti di rete, accordi di filiera, microstrutture di distribuzione e di raccordo tra produzione ed acquisto e ristorazione collettiva che usi prodotti agricoli e loro lavorati riconducibili ai sistemi di produzione agroecologica;
- trasformazione in compost di qualità dei residui colturali e degli scarti dei cicli produttivi aziendali e/o utilizzo di ammendanti organici provenienti da centri di compostaggio pubblici e/o privati regionali. (tratto da siciliaverdemagazine.it).