Bio, Italia prima in Europa per export e per aziende di trasformazione

Bio italiano in buona salute secondo l’ultimo rapporto Bio Bank. Il comparto, secondo il rapporto, affronta le difficoltà contingenti ma vede crescere il valore del mercato che sale a 9,1 miliardi di euro nel 2023, registrando un incremento dell’8,7% sull’anno precedente e un +135 % rispetto ad un decennio fa. I consumi raggiungono i 4,2 miliardi nel 2023, con un aumento del 6,7% sul 2022 (un punto in più dell’inflazione annua). Anche i consumi fuori casa registrano una performance positiva, con un +18,1% rispetto al 22 e 1,3 miliardi spesi. E cresce dell’8%, quindi non più a due cifre, anche l’export, che raggiunge 3,6 miliardi di euro, secondo i dati Nomisma per Osservatorio Sana.

La conferma del ruolo trainante del Bel Paese nel panorama globale del bio arriva puntualmente anche dai dati Fibl-Ifoam. Nel 2022, su 41 Paesi europei, l’Italia e al primo posto per export. Seguono, a distanza, Spagna e Francia con 1,7 e 0,9 miliardi di euro. Altro primato italiano è il numero di aziende di trasformazione, ben 23.600 sul totale europeo di circa 92 mila (una su quattro è italiana). La Germania ne conta 22mila, la Francia oltre 19 mila. L’Italia é poi in terza posizione per le vendite al dettaglio sul mercato domestico, pari a 3,9 miliardi di euro. In testa la Germania con ben 15 miliardi di euro, seguita dalla Francia con 12. L’Italia scende invece in decima posizione per la quota bio sul totale delle vendite, pari al 3,6%. In testa Danimarca e Austria con il 12%. mentre Francia e Germania sono entrambe al 6%. Il consumo pro capite nazionale annuo è a quota 62 euro (13° posto), seguono Spagna e Regno Unito a 55 e 51 euro. In testa invece la Svizzera con 437 euro, mentre Germania e Francia sono rispettivamente a 181 e 176 euro.

Guardando infine ai dati strutturali, l’Italia resta al primo posto nella classifica europea per numero di produttori agricoli bio, ben 82.600, è al terzo per le superfici, con 2,4 milioni di ettari dedicati al biologico. Al 19% la quota bio sulla Sau totale, che vede l’Italia in quinta posizione, mentre Germania e Spagna sono entrambe all’11% e la Francia al 10%.

Nel rapporto Bio Bank negli ultimi cinque anni vengono segnalati decrementi a due cifre per negozi (-23,7%) e ristoranti (-10,9%), allineato il calo di aziende cosmesi (-8%) e profumerie (-7,9%), stabili gli e-commerce di cosmesi (+1,2%), ancora a due cifre la crescita degli e-commerce alimenti (+57,8%).

Il calo del numero di attività bio di retail e ristorazione, in presenza di un giro d’affari bio in crescita del 9,1% sul mercato interno, è il risultato dell’ampia diffusione dei prodotti bio fuori dai canali specializzati, nel segno della multicanalità. Emblematica la quota della grande distribuzione sulle vendite bio, che in dieci anni è cresciuta quasi della metà (dal 40 al 58%), mentre quella dei negozi bio si è ridotta di oltre un terzo (dal 36 al 23%).

Il quadro che emerge dal rapporto Bio Bank, vede, quindi, in Italia ancora un incremento delle vendite a livello globale, anche se non più a due cifre. Ed è facile spiegarlo: la pressione delle molte crisi consecutive e correlate tocca inevitabilmente anche il bio. Pur essendo un comparto complessivamente in buona salute, il biologico sta rallentando la sua crescita. In Europa, invece, passata la spinta salutistica della pandemia, fa capolino per la prima volta una lievissima flessione dei consumi. Anche i mercati storici del bio, con un forte consumo interno, devono fare i conti con una domanda in contrazione. Nel vecchio continente, protagonista del mercato è sempre di più la Gdo