Scrivo grano leggo pace. Dalla sovranità alimentare all’armonia tra i popoli

“Scrivo grano, penso pane, leggo pace” evoca, nell’intenzione di chi scrive, un’immagine poetica e potente del ciclo della vita agricola e del suo impatto sulla società. Il grano è la base della nostra alimentazione, simbolo di abbondanza e riscatto dal bisogno, frutto del lavoro e dell’ingegno umano, alimento che da sempre unisce le persone attorno a una tavola. La pace è il risultato dell’equilibrio sociale ed economico tra le nazioni, che in buona parte dipende da una compiuta condizione di sicurezza alimentare e dalla collaborazione tra i popoli. Incarna il legame profondo tra natura, cultura e umanità; riflette l’importanza e la necessità di coltivare non solo la terra, ma anche la coesione e la solidarietà tra le persone. Grano, pane e pace sarebbe anche un piccolo manifesto della serenità e della prosperità che potremmo ottenere attraverso l’armonia con la natura e con gli altri.

Se solo la ragionevolezza prevalesse sulla cupidigia e sull’arroganza, non vi sarebbero mai più guerre e la sicurezza alimentare e il pane (e con esso tutti i cibi che servono alla dieta ovviamente) non sarebbero mai un problema.

Ciascun popolo, nel rispetto del principio di sovranità alimentare, provvederebbe tranquillamente alla propria alimentazione, sana e territoriale, che realizzerebbe in armonia con la natura, in modo biologico e senza alterare, l’equilibrio con essa. Ciascun popolo, provvedendo alla propria alimentazione, diverrebbe protagonista e garante della propria felicità. In tale contesto, gli scambi alimentari si limiterebbero a tutto ciò che rientra nell’ambito dei consumi eccezionali, come formaggi, vini pregiati etc., cose che non rientrano nel paniere dei consumi quotidiani e che pertanto non contribuiscono ad affollare i porti del mondo di bastimenti carichi di grano e altro cibo che un più armonizzato rapporto tra città e campagna, consentirebbe di evitare. 

Occorrono meno di sette mesi per avere un nuovo raccolto di grano, cioè per moltiplicare di almeno dieci, venti volte il peso del chicco. In altre parole invece che annunciare nuove crisi alimentari e stringere accordi con tiranni e dittatori, sarebbe più facile coltivare il proprio grano. Se poi ogni popolo utilizzasse le sue antiche varietà, le rotazioni agrarie e il metodo biologico che non prevede l’uso di concimi azotati ed erbicidi, verrebbe tutto ancora più facile: nessun ulteriore avvelenamento di madre terra e minori costi per gli agricoltori. 

La negazione dell’accesso al “pane quotidiano” ad oltre 783 milioni di persone nel mondo è oggi inaccettabile. Ridare al grano il valore di cibo, per la libertà dei popoli e non di commodity per le speculazioni finanziarie delle lobby, è un dovere verso l’umanità. Ridare agli agricoltori la dignità del proprio ruolo, pagando con il giusto prezzo il loro lavoro, è il dovere morale di ogni politica autenticamente democratica.

L’agricoltura biologica è soprattutto un modello colturale a forte contenuto culturale che si basa proprio sulla valorizzazione della conoscenza. Un mondo orientato all’armonia con la natura e con i popoli è possibile. La sua costruzione richiede grande amore per la bellezza, consapevolezza e impegno. ItaliaBio è già a lavoro!