“Stop pesticidi nel piatto”, nel dossier di Legambiente l’uso (e l’abuso) dei fitofarmaci nell’agricoltura italiana

La nuova edizione del dossier “Stop pesticidi nel piatto”, frutto della consolidata collaborazione tra Legambiente e Alce Nero, riporta ancora una volta l’attenzione sull’uso dei fitofarmaci nell’agricoltura italiana. Il dossier svela la presenza di residui chimici negli alimenti che consumiamo: il 41,3% dei campioni analizzati (5.233 in totale provenienti sia da agricoltura convenzionale che biologica) contiene residui, anche se quelli irregolari si limitano all’1,3%. Tra gli alimenti più colpiti spicca la frutta, con il 74,1% di campioni contaminati da uno o più residui. Seguono la verdura (34,4%) e i prodotti trasformati (29,6%), con i peperoni (59,5%), seguiti da cereali integrali (57,1%) e dal vino (46,2%). L’uso di insetticidi e fungicidi, come Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil e Imazalil, resta prevalente, evidenziando quanto la protezione delle colture sia ancora fortemente legata a sostanze chimiche di sintesi.

Segnali incoraggianti per l’olio extravergine di oliva con altissime percentuali di campioni privi di residui e il vino con il 53,1% dei campioni analizzati è risultato privo di residui, segnando un miglioramento rispetto al 48,8% dell’anno precedente.

Altro dato allarmante è quello sui sequestri dei pesticidi illegali. Quasi raddoppiati nel 2023 i pesticidi illegali sequestrati in Europa: 2.040 tonnellate di veleni fuorilegge intercettati dall’Europol grazie all’operazione “Silver Axe”, sviluppata in Italia dai Carabinieri forestali. Impressionante l’escalation rispetto alla prima operazione fatta nel 2015, quando i sequestri dei pesticidi messi al bando in Europa per la loro pericolosità per la salute erano stati pari a 190 tonnellate. La Cina rimane il primo paese di origine di questi prodotti ma dalle indagini stanno emergendo traffici importanti dalla Turchia.

Il dossier di Legambiente rappresenta un’occasione per ribadire che ridurre l’uso di fitofarmaci, non è più solo un obiettivo auspicabile, ma una condizione necessaria per salvaguardare l’ambiente, la salute umana e la qualità delle produzioni. Legambiente ricorda in una nota come l’agroecologia sia l’unica via per tutelare gli ecosistemi e contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici e che buone pratiche come rotazioni, sovesci, consociazioni, abbinate all’uso di strumenti digitali e tecniche innovative, possono offrire un modello più sostenibile per il futuro del settore. Di contro, decisioni come quella europea di rinnovare l’autorizzazione al glifosato per altri dieci anni rappresentano ostacoli significativi alla transizione ecologica, soprattutto considerando l’efficacia ormai comprovata di alternative sostenibili sia dal punto di vista agronomico che economico.